Assalto alla fabbrica by Giovanni Mari

Assalto alla fabbrica by Giovanni Mari

autore:Giovanni Mari [Mari, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: People
pubblicato: 2024-07-24T22:00:00+00:00


Smistamento

Ai lavoratori viene fatto firmare un contratto capestro. Sulla carta hanno una retribuzione precisa, persino ferie e giorni di riposo. Riceveranno un salario: una paga simbolica e pesantemente decurtata, si capisce subito, visto che una buona parte (circa la metà) dovranno restituirla per pagare vitto, alloggio, vestiario e attrezzatura. Vitto e alloggio di quella natura! Dovendo poi costantemente integrare la loro scarsissima alimentazione e altrettanto costantemente cercare vestiti per ripararsi dal freddo, la maggioranza degli operai potrà inviare a casa solo pochi quattrini e tra mille difficoltà; poi smetteranno del tutto di farlo, per garantirsi una minima sussistenza. Per di più, nei territori tedeschi provati dai bombardamenti e dall’economia di guerra, svuotati dalla folle gestione della finanza nazista, i negozi vendono solo dietro presentazione di tessera annonaria e ai deportati non vengono consegnate tessere se non per i generi alimentari. Se una paga media può essere calcolata in 300 marchi al mese, si comprende il loro potere d’acquisto, considerando il costo del pane, al mercato nero, di 10 marchi al chilo nelle grandi città e poco meno in provincia. Spesso un chilo di pane viene scambiato con venti sigarette. Con l’avanzare del tempo, il prezzo del pane arriverà a triplicare e a raggiungere i 35 marchi alla borsa nera. Alla lunga, non si troverà neppure più al mercato nero. La razione di sigarette si ridurrà a due al giorno, con conseguente impennata del costo sottobanco, 45 marchi per venti sigarette. La singola sigaretta, alla fine del periodo di prigionia, sarà scambiata per 3 marchi. E quando la paga aumenta, non basta a tamponare l’inflazione. Il salario mensile a quel punto vale sei scatole da venti sigarette, cui si devono sottrarre vitto e alloggio.

In ogni caso, gli operai sono anche immediatamente avvertiti: a chi sgarra, oltre alle botte, saranno inflitte anche multe, sanzioni e trattenute direttamente dal salario. In realtà, al netto di una paga misera che sarà elargita integra e a tutti solo fino al febbraio del 1945, l’unica giornata di libertà dal lavoro sarà la domenica, almeno il pomeriggio, ma non sul finire del periodo, fatto salvo il permesso di recarsi nella chiesa più vicina per la messa, a chi lo chiede. Non saranno mai concessi giorni di ferie o di riposo extra. Nessun diritto è reclamabile e nessuno è escluso dal rischio di ricevere botte, insulti, punizioni. Contemplando queste condizioni, qualcuno si fa forza per rivendicare piccole cose: Giovanni Agosti guida la delegazione che si avvicina al Lagerführer di Mauthausen per chiedere indumenti, scarpe e tute da lavoro; questi, per allontanarlo, gli aizza contro i cani, strillando insulti incomprensibili.

In quelle stesse ore, a Genova, si diffonde un allarme tra gli operai della fabbrica Artiglierie di Fegino: temono l’arrivo di una spedizione di nazifascisti per portarli in Germania. Lo stabilimento si svuota in un istante, tutti fuggono e per giorni si daranno malati. Almeno un operaio genovese su cinque non si sta presentando in fabbrica.

La quarantena a Mauthausen, così temuta sulle prime dagli operai, ha tempi stretti. I genovesi vengono presto assegnati ai loro lavori.



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